C’è un musicista satanico, da queste parti, che un giorno ha deciso di mettere insieme quanto di peggiore si possa comporre con le sette note: e cioè, le basi martellanti della disco-music e le nenie asiatiche. Ne viene fuori un’ossessione infinita. Quella che ci ha bombardato le tempie per metà della notte nella stanzetta del “Sanatorio Profilattico”, il lager di stato in cui siamo stati sistemati stasera. E dire che vi eravamo giunti abbastanza provati dai 600 chilometri e passa di vero deserto: una interminabile striscia di torrido asfalto, tre-quattro larghissime curve in tutto. E per l’intera giornata, quinta marcia a tremila giri, acqua a temperatura ottimale, sorsata di aranciata ogni mezz’ora. Al controllo orario finale, sembrava finita: eravamo anche disposti a sopportare gli scomodi del sanatorio. Ma poi, birra calda; montone immangiabile; insalata di cipolle. Insomma, abbiamo cominciato a dar fondo alle nostre riserve alimentari: bresaola e parmigiano di Franchi, il benedetto negozio romano di via Cola di Rienzo (non figura tra gli sponsor; ma un pensierino la prossima volta -con i prezzi che pratica- potremo farcelo). La serata sembrava quasi ripresa per i capelli, e invece…Quattro sciagurati suonatori hanno diffuso, di proprio e di altrui, quel tormento che se fosse stato a suo tempo conosciuto dai servizi segreti russi non ci sarebbe più scampo nemmeno per James Bond. Quello che non si capisce è che cosa ci stia a fare la gente qui. L’unica spiegazione è che, prima, stavano tutti nelle riserva desertica di Repetec, 50° all’ombra, dove gorgogliano varani da un metro e mezzo, scorpioni neri, tarantole e cobra color del bronzo. L’abbiamo attraversata con un leggero patema in più, implorando segretamente Vagabunda di non fermarsi. Chissà: forse sarebbe stato meglio trascorrere la notte proprio là. Lontani dai musicisti satanici dell’Amu-Draya.