Se un giorno per caso capitate da queste parti, ragazzi non perdetevi lo Sher Bagh. E’ un complesso con dodici tende che a dire lussuose è già poco. Un bar-biblioteca dove giganteggiano gli occhi di una tigre fotografata qui vicino, nelle meraviglie del parco di Ranthambore, riserva di caccia del solito maharaja, 1.500 chilometri quadrati di jungla e dirupi. E proprio la tigre è la grande attrazione, anche se ne sono rimasti appena 32 esemplari. La riserva è dominata da un vecchio forte, abbarbicato su costoni rocciosi. Quattro porte sghembe per entrarci, una grande città murata che ospitava diecimila abitanti. Cisterne enormi, quasi dei laghi per raccogliere l’acqua, orti, stalle, templi. Secoli fa, dopo un anno d’assedio, le donne custodite nel forte seppero - chissà come e da chi - che il maharaja era stato ucciso in battaglia. E allora si immolarono tutte. Quando lo seppe, il maharaja si tagliò la testa da solo davanti al tempio divino di Shiva. Stavo per farlo anch’io quando all’arrivo la marcia indietro non entrava più. Me l’ha impedito il capo meccanico facendomi notare che sul cambio della Giulia c’è un nottolino che ne regola il semplice meccanismo. Sarà stato lo scampato contrattempo, sarà stata la luna piena, fatto sta che la serata allo Sher Bagh è proseguita senza cupi pensieri: tutti seduti attorno a un grande falò, aperitivi, gentile vino rosso, cena appetitosa, le solite grandi risate. E in tenda, la borsa calda tra le lenzuola...