Philip Young é morto. Quella dannata, banale caduta dalla motocicletta in Birmania ci ha portato via per sempre il più burbero degli amici, l'organizzatore principe dei più grandi rally internazionali. Solo lui era capace di inventarsi gare come il Giro del mondo in 80 giorni o la Pechino-Parigi (la prossima, giugno 2016, sarebbe stata la quinta: iscrizioni chiuse con 30 mesi di anticipo, 120 equipaggi da 26 paesi diversi!). Per vent'anni lo abbiamo considerato come la nostra stella cometa, organizzando la vita motoristica che ci appassiona secondo le sue proposte, sempre geniali, innovative, avventurose. Ci ha portato in Himalaya, due volte in Africa, in Pakistan e in Iran, nel deserto del Gobi e in Alaska. Ci ha fatto inviperire ed esaltare, ci ha riempito l'esistenza di ricordi indimenticabili. Lo abbiamo seguito praticamente in tutto il mondo. Decidendo di saltare, pur di ripetere l'avventura in Mongolia, la gara che per la prima volta portava un rally occidentale in Birmania. Dove Philip ha perso la vita, a 67 anni, mentre stava facendo la spola tra le palazzine dei vari uffici doganali, per agevolare come sempre il transito dei "suoi" concorrenti. Nessuno potrà prendere il suo posto. Nemmeno nei nostri ricordi.