E’ stata una tappa senza storia, trasferimento dalla Turchia alla Georgia. Ma non per questo meno interessante. La rampa del garage dell’hotel faceva paura per quanto era ripida, ma Vagabunda ce l’ha fatta a venir fuori da quell’autentica camera a gas che stava diventando il posteggio chiuso. Solita rincorsa per stare nei tempi del primo rilevamento (122 chilometri, due ore e due minuti) con attraversamenti cittadini e file di camion. Abbiamo sempre costeggiato il Mar Nero, pietroso sulla riva e placido. Quattro file al confine turco, rapidissimo ingresso in Georgia che invece ci avevano tanto descritto come pesante e fastidioso. A Rita hanno addirittura regalato tanto di rosa rossa con nastrino a cuoricini. Batumi è una cittadina di mare, abbiamo parcheggiato di fronte allo stadio, poi con i pulmini all’hotel Sputnik. E’ un caseggiato fatiscente, gli infissi marci, gli asciugami ombrati. Sono andato a chiedere le lenzuola, perché sul letto sembrava ci fossero soltanto sopraccoperte a rombi dai colori vivaci., con uno strano buco nel mezzo. Le lenzuola erano quelle, nei buchi ci va infilata la coperta. Al bar c’era già la comitiva degli inglesi a far baldoria, siamo stati subito invitati al tavolo, già stracolmo di birre. Vengono anche le pizze, la matrona dice “tu” per intendere uno e nascono equivoci a non finire. Subito dopo il confine, Vagabunda non voleva ripartire, dal carburatore trasudava benzina. Per fortuna è arrivata la Jaguar di Spadini ed Erik ha sentenziato: “Vapori. Spingi a fondo l’acceleratore e metti in moto”. Semplice, no? Stasera cena e spettacolo georgiano. Ne usciremo vivi?