Vento e pioggia, termometro intorno ai dieci gradi. Non è proprio il caso di seguire il percorso ufficiale che, sulla carta, comporta molto sterrato. E allora, superstrada alternativa. Ma è piena di camion, semafori, paesini da attraversare. Poi, ci studiamo una furbissima deviazione che ci porterà dritti dritti a un controllo orario. E così è. Però abbiamo due ore di anticipo sulla tabella di marcia. Vediamo un po’ se si può timbrare “early”. Si può. Faccio un po’ di conti, ora zero più ora nostra, più due, meno uno e porto tre. Timbro. Anticipo di 53 minuti! Ovviamente, la colpa è tutta di Rita: a chi spetta timbrare, al cronometrista, no? Pazienza, vuol dire che la Volkswagen la supereremo domani. Eccoci alla frontiera. Oddio, il passaporto ce l’ho sempre nella tasca della camicia jeans, e adesso dov’è? Vuoi vedere che è rimasto sul televisore, nella stanza dell’hotel a Danzica… Disperazione, Rita dice “Guarda nella tua borsa”. Ma è escluso non posso avercelo messo, telefoniamo subito all’albergo. “Guarda nella borsa…” Per puro caso, è lì. Di chi volete che sia la colpa, se non del co-driver che deve sempre assicurarsi dove si trovano i passaporti? Filiamo verso la Germania, subito un paesaggio di strutture eoliche, piloni enormi, una foresta di braccia a raccogliere e sfruttare il vento che c’è. Don Chisciotte se la sarebbe data a gambe. Altre cicogne, una ha fatto il nido nel centro del paese, in cima al solito palo della luce. Devono averla nominata cittadina onoraria.