Jodhpur, per angeli e giganti

Pokaran - Jodhpur
16/02/2013

Imponente è dir poco. Maestoso non rende ancora l’idea. Costruito da angeli e giganti, l’ha già detto Kipling. Il Forte di Jodhpur è qualcosa di onirico, è la roccia che si trasforma nel sogno della reggia ed evoca assedi e delizie, fastosità e scontri d’arme, opulenza e sacrificio. Raffinatissima e ardita, questa roccaforte inespugnata nei secoli domina una città che potrebbe avere ispirato Modugno: è tutta blu. L’avremmo apprezzata maggiormente con il riflesso e lo sfondo di un cielo sereno. Ma pioveva. E faceva pure freddo. Ce ne siamo tornati intirizziti in albergo, una costruzione a mezza via tra la Reggia di Caserta e il Duomo di Firenze, altro esempio di come i maharajah possano essere folli e geniali. Disegnato dall’architetto inglese Henry Lanchester (il fratello costruiva macchine stupende) l’hotel Umaid Bawan fu terminato nel 1944. Marmi a profusione, cupola gigantesca, 365 stanze, camerieri che è la quarta volta che bussano alla stanza (e gli accappatoi, e i dolcetti, e il cesto con altra frutta...). Ma noi siamo qui a rimuginare - come diceva ‘o Barone - “na jurnata quequera”. Prima abbiamo bucato un’altra volta; poi nella Volvo dei Puddu un ammortizzatore ha sfondato il proprio alloggiamento nel bagagliaio; infine il capo meccanico Alexander ha scoperto che la nostra Giulia faceva rumore perché un giunto andava sostituito. Insomma, in una città stupenda, in un albergo stratosferico siamo qui, rinchiusi nella stanza a succhiare un dolcetto e a sbucciare una mela.