Rileggendo un po’ di pagine del sito, in preparazione della prossima Pechino-Parigi, ci siamo resi conto di non aver mai ringraziato adeguatamente Ezio Feliciani, il meccanico-amico che ci ha sempre consentito di affrontare lunghissimi viaggi e di tornare indietro sulle nostre quattro ruote. Fu lui a preparare la nostra Lancia Flavia coupé (Vagabunda) per la prima Pechino- Parigi del 1997 e a rimetterla poi in sesto per affrontare i 33.000 km del Giro del Mondo in 80 giorni nel 2000 e gli altri 25.000 massacranti chilometri dell’Inca Trail (Rio-Lima-Ushuaia-Rio) nel 2001. La semplice lunghezza di questi rally non rende l’idea di cosa fossero simili gare e quale grado di preparazione occorresse per disputarle.
Nella prima Pechino-Parigi avemmo subito problemi di carburazione. Ezio aveva messo nella cassetta degli attrezzi due piccoli getti di ricambio, avvolti nella carta telata. Quello “stupido cartoccetto" fu la prima cosa che buttai via quando si trattò di frugare alla ricerca degli spilli… Ci consigliarono di "castrare" il carburatore doppio corpo. Così mutilata, Vagabunda riprese a frullare, si fece il Tibet e l'Himalaya, scollinò cinque volte oltre i cinquemila metri. Poi, in Grecia, un olio fasullo ci fece fondere una bronzina. Trovammo Ezio al porto di Ancona, lavorò tutta la notte e ci restituì una Flavia esuberante.
Nel Giro del mondo, le cose andarono molto meglio: a Pechino eravamo addirittura primi di categoria. Poi, nel nord del Canada finimmo fuori strada e ci cappottammo. Rotolammo giù per una trentina di metri: asse spezzato, vetri in frantumi, ammortizzatore e mollone introvabili, disperso nella boscaglia tutto quello che stava nel portabagagli. Non potete immaginare come era ridotta la carrozzeria, ma il motore… il motore di Ezio frullava ancora perfettamente. Fu questo a convincerci che potevamo continuare - pur così ammaccati - il nostro lungo viaggio. Lasciammo Vagabunda a un carrozziere per un paio di giorni, riuscimmo a raggiungere la carovana e facemmo altri 12.000 km per concludere la gara. Quando Ezio rivide la Flavia, ci confessò commosso di aver nascosto un’immaginetta della Madonna del Divino Amore sotto un sedile: “E’ lei che vi ha protetto - disse trattenendo le lacrime -. E’ lei che vi ha fatto tornare a casa sani e salvi!”
In occasione dell’Inca Trail trovammo, prima della partenza da Rio de Janeiro, un vecchio meccanico italiano. Quando vide la targhetta dell’Officina Feliciani, ci disse che lo conosceva benissimo, da giovani avevano corso insieme in moto. Telefonò subito a Ezio e gli disse che aveva in officina una Flavia che perdeva olio da tutte le parti e non sapeva dove mettere le mani. Dopo un attimo di panico, Ezio capì che era solo uno scherzo e finì tutto in una grossa risata. Anche in Sud America ci furono mille problemi di tutti i tipi, ma il motore di Feliciani non ci ha mai tradito.
Al nostro ritorno Ezio rimise in sesto per l’ennesima volta la “sua” Flavia, e adesso è orgoglioso di sapere che tutti la possono ammirare al Museo Bonfanti di Bassano. L’ha sempre considerata una sua creatura.
Ezio e la "sua" Flavia
13/09/2015