Il dio dei giainisti era come averlo attaccato ai polpacci, stamattina. Non si possono fare impunemente, a una certa età, tra salita e discesa, più di settemila scalini. Ma arrivati a Gondal ci siamo in parte consolati col racconto di un viterbese che aveva scalato un sito qui vicino con 9.000 scalini. A cena, era ancora vivo. Qui in albergo siamo arrivati nel primo pomeriggio, bella strada, Giulia contenta con un nuovo alternatore al posto della dinamo. Visita a una filanda, donne a spingere tutto il giorno manovelle di arcolai antidiluviani. Museo nel vecchio palazzo del maharajah, che abbiamo poi incontrato nella sua residenza estiva trasformata in alberghetto. Lui é appassionato di auto storiche, ha passato le nostre in rassegna e a me che mi illudevo di spiegargli cosa fosse la mia piccola Alfa, ha risposto: “Guardi che io ho corso in pista a Bombay con una Giulietta!” Nel suo garage più di trenta esemplari con la loro bella patina. In gran parte roba americana del primo dopoguerra, imponenti Buick e Cadillac, una Lincoln 12V e, soprattutto, una filante Delage convertibile del 1930, arancio e crema. Il nostro giovanissimo capo meccanico è stato tirato via a forza, stava con la testa dentro al motore, gli occhi vividi come un leprotto in amore. Nel garage delle auto in uso spiccava una Mercedes SL moderna, 6.3 di cilindrata, motore AMG, portiere tipo Ali di Gabbiano. Un milione di euro solo per la tassa di importazione. Se rinasco, voglio fare il maharajah.