Cosa sia una vera tempesta di sabbia l’abbiamo sperimentato ieri notte. Si è visto un nuvolone rossastro avanzare veloce, nel giro di pochi minuti i palazzi vicini sono scomparsi e così le luci della città. Il vento soffiava vorticoso, sibilando. La sabbia ti si infila dovunque, la senti nella bocca. Trovarsi all’aperto dev’essere una esperienza impressionante. Noi per fortuna stavamo in albergo. Giù nel parcheggio le automobili appena lavate si sono ricoperte tutte delle stesso strato, mezzo dito di polvere impalpabile. La tappa ci ha spinto di nuovo nell’arido paesaggio del deserto del Taklamakan, che ancora portava i segni della tempesta notturna: tutto come annebbiato, visibilità molto ridotta da un velo polveroso, di sabbia in sospensione. Trecento chilometri prima di rivedere e percorrere una catena montagnosa grigia e dura, che la strada traversava come un canyon. Paesaggio arido, cupo. Poi, la grande vallata, giù in basso, e l’oasi di Turfan in lontananza. Prima di giungervi, “speciale” di 48 chilometri in 39 minuti. Molto improba sulla carta, trattandosi di un giro circolare verso un paio di villaggi del posto. Ma la strada è risultata tutta asfaltata e le insidie unicamente quelle delle solite buche e dei sobbalzi. Bastava entrarci piano, in questi crateri assassini, e il tempo si poteva prendere benissimo. Noi abbiamo anticipato di due-tre minuti, evitando ogni rischio e chiudendo con un facile “netto”. Ci ha sorpassato la Rover dell’equipaggio arabo ad almeno 140. Guidava il meccanico, il noto “capa ‘e muorto”. Da menzionare, il gemellaggio con l’equipaggio giapponese, ci siamo scambiati insegne e distintivi. Vagabunda adesso si fregia anche dell’adesivo ProPak, raffigurante un cane-leone rampante. “E’ il mio formidabile Pak, vince tutti i concorsi di bellezza, mi pagano per farlo accoppiare. Da quando l’ho comprato”, dice Kenji Ishida da Osaka, “ho guadagnato un sacco di soldi, è davvero un portafortuna strepitoso. Fanno la fila davanti casa mia solo per toccarlo”. La loro Datsun è ora prima assoluta nella Londra-Pechino (ma sempre tre minuti dopo di noi…). E dire che disperavano di farcela quando in Francia, per un pieno di gasolio invece che di super, hanno beccato mezz’ora di ritardo.