Siamo giunti nel mito. Per la verità di Samarkanda finora abbiamo visto ben poco, se non la strada che dall’aeroporto (parc fermé per le vetture) conduce allo Sheraton. Accaldati e stanchi, ci siamo fatti rapire dall’aria condizionata e dalle docce. E dal computer che va aggiornato. Classica tappa di trasferimento con frontiera. Poi, high-way per Samarkanda. Una autostrada nel senso asiatico della parola: ampie carreggiate, certo; ma poi ti castigano buche e sconnessioni o ti sorprende un carretto contromano sulla corsia di sorpasso. D’altronde, la strada viene molto “vissuta”, nel senso che paesi e villaggi si sono sviluppati lungo l’arteria e quindi negozi, scuole, passaggi pedonali, mandrie di animali, tutto puoi incontrare lungo la “strada dorata che porta a Samarkanda”, come diceva il poeta. Domani ci aspettano piccole riparazioni e visita ai monumenti di Tamerlano, le moschee, il bazar, quel Registan che -dicono- supera ogni volta qualsiasi aspettativa. La gara? Per una volta, la mettiamo da parte. Tanto non è cambiato nulla: Vagabunda sempre prima tra le sport e quarta assoluta. Gli altri concorrenti cominciano a informarsi sulle modifiche tecniche, sbirciano interessati, si complimentano per la robustezza e l’affidabilità. Non dico a nessuno che i ricambi sono agli sgoccioli.