Dovevamo arrivare a mezzogiorno ma la vecchia carretta del Caspio ha accumulato almeno un paio d’ore di ritardo. E ci è andata bene. Ancora un paio d’ore perse per le formalità di sbarco. Insomma, ci siamo mossi verso le cinque e un quarto. Dovendo fare 575 chilometri. Una lunga striscia d’asfalto in mezzo al deserto. Le basse rive del Caspio, azzurro del mare contro l’ocra delle montagne; poi, solo deserto. Strada che consentiva di viaggiare tra gli 80 e i 110, cammelli, traffico rado. Rifornimento al 350° chilometro, poi l’oscurità a rendere più ardui gli ultimi 200 chilometri. Arrivo a mezzanotte, buffet nel piacevole giardino (Caravan Seray) dell’albergo, uno Sheraton. La Flavia è andata finalmente in temperatura, tutto liscio, solo la marmitta sbatte un po’ troppo, domani bisogna proprio sistemarla. Anche lo spinterogeno, su consiglio di Erik, è da sostituire. Benissimo invece il morale. Il secondo di classe, con l’Austin Healey (che Vagabunda s’era lasciato a 14 minuti), ha confessato di averne presi ieri un’altra decina. Qualche altra cosa poi non dovrebbe esser filata liscia tra i numeri 89 (Gilles-Gilles con la Hillman, primo in classifica assoluta), 90 (Mercedes 230 Pagoda muscolosa) e 91 (altra Pagoda, 250, quella di Broderick, l’avversario che rimane il più temibile: quinto assoluti alla Pechino-Parigi, vincitore del rally del Marocco, auto poderosa, sono sempre suoi i migliori tempi nelle speciali). Insomma, Vagabunda rischia di vedere aumentare il vantaggio sugli inseguitori: adesso il più vicino potrebbe stare a 21 minuti. Bene anche Ciriminna che, assistito da Stelios, pensa solo a farsi grandi scorpacciate di agnello e a portare la sua 1100 sul podio delle anteguerra. Ci sta riuscendo alla grande.