Con gli svizzeri e i Pinguini ce ne andiamo al museo Ford. E’ vicino a Detroit, la storia dell’automobile raccontata con gli occhi americani. Tanto per cominciare, le nostre tre macchine meriterebbero una sala a parte: i Pinguini viaggiano sulla felicità dei bambini, una Pontiac decappottabile del ’42 tutta dipinta di azzurro, pesci enormi e pinguini; gli svizzeri pilotano una Studebaker coupè, rossa e nera, del ’53; noi caracolliamo su Vagabunda, che ieri ha avuto l’onore di aprire il servizio sul rally della tv locale. Insomma, un bell’ingresso (15 dollari) e via nei grandi saloni con le macchine dei presidenti americani, compresa quella di Kennedy, subito in mostra. Poi filmati a volontà, celebrazioni tipiche (una specie di altarino audiovisivo per la Locomobile che vinse la coppa Vanderbilt nel 1908; cosa dovremmo fare noi per l’Itala di Borghese?). E ancora: un mostro di locomotiva, carrozze di treni antidiluviane, biciclette d’ogni epoca. E macchine per scrivere, rotative, vetri e cristalli. Il cappello del generale Custer. La poltrona del teatro su cui sedeva Lincoln quando fu assassinato. La mini-automobile -ma mini mini- di un famoso nano del circo Barnum. Insomma, un po’ di tutto, ma presentato bene, valorizzato, venduto. Auto europee? Solo due su mille: il Maggiolino in quanto con oltre venti milioni di esemplari è l’auto più venduta della storia (la Ford T arrivò a 15 milioni, ci fu un momento in cui la metà delle macchine esistenti al mondo erano Ford T, nere); e la maestosa Bugatti Royale, uno degli otto modelli fabbricati, il pezzo sicuramente più pregiato del museo. Poi, Detroit: una città decadente, interi quartieri abbandonati dai bianchi, come il giorno dopo un bombardamento. Strade rotte e mal riparate. Un senso di avanzata desolazione, la visione di come potrebbe essere la civiltà occidentale fra qualche anno. Altri 400 chilometri ed eccoci alle cascate del Niagara. A Vagabunda è tornato il rumoraccio del mollone, deve essersi rotta la stringa che lo fissava alla bell’e meglio. Ma i suoi chilometri se li macina sempre: abbiamo superato i 25 mila a far data dal primo maggio scorso. La nuvola fantozziana è sempre con noi, ci aspetta nei posti e nei momenti che reputa migliori: secchiate d’acqua quando scendiamo per pranzo (“Pollo e insalatina, una tazzina di caffè…a Detroit”, come cantava Fred Bongusto), quando ci fermiamo per fare benzina, quando c’è qualcosa da vedere. Ci siamo quasi affezionati, se domattina non dovessimo ritrovarcela in testa, potremmo anche restarci male, chissà.