La Ford Capri coupé nei primi giorni del rally spiccava tempi eccellenti e l'anziano pilota svizzero alla guida sorrideva a tutti. Poi, si é cappottato in prova speciale. La macchina appariva distrutta, i vetri in frantumi, il muso sfigurato. C'é stata una notte al campeggio che sentivamo i martellamenti sulla carrozzeria. La mattina dopo ripartì. Al posto del parabrezza c'era un foglio di plastica, tenuto su per miracolo e al centro un foro circolare dal quale lo svizzero continuava a sorridere a tutti.
L'Austin Mini ha avuto subito problemi. Al parcheggio di Pechino era stata messa tra le due mastodontiche La France e sembrava un'automobilina giocattolo. La Mongolia, dicevamo, non poteva riuscire a superarla. E infatti, nel deserto del Gobi rimase attardata e scomparve. La rivedemmo a Ulaan Bataar, partiva in testa alle Classiche perché ultima in classifica. Si insabbiò vicino a noi, l'aiutammo a ripartire. Misteriosamente continua ad arrivare, il suo equipaggio é felice.
Ce li ritroviamo sempre tra i piedi con una macchina che fa tanta tenerezza perché noi ne abbiamo avuta una uguale e sappiamo bene quali sono le prestazioni (ma anche la proverbiale solidità) della Zaz. Sono due russi che hanno deciso di fare il nostro stesso percorso, hanno messo sulla fiancata una riproduzione della targa del rally, chiunque li scambia per concorrenti effettivi. L'auto é stracarica, lentissima e pittoresca. Piena di adesivi, ostenta il tracciato del percorso che intende seguire, fino a Brest. Noi ci eravamo quasi persi per uscire da Novosibirsk quando, di colpo, sono spuntati loro, gli intrusi, i russi della Zaz. Ci hanno,portato in salvo, conoscevano tutte le scorciatoie.