E’ una città sulle barche e si sposta seguendo il livello del lago. Il Tonlé Sap, infatti, nella stagione delle piogge diventa cinque volte più grande, inondando 13 mila chilometri quadrati (mezza Sicilia). Dà vita a un milione di persone, comprese quelle che vivono su barche o palafitte mobili. Le abbiamo visitate con la solita longtail, prima solcando un fiume giallastro dove si accalca una umanità diversa; poi, inoltrandoci nella superficie increspata del lago. La comunità è stata dotata di scuole e ospedali galleggianti, c’è perfino il campo da pallacanestro. Adesso il livello delle acque è minimo, dopo le piogge crescerà di 7-8 metri, sommergendo anche le cime degli alberi con la piena del Mekong. Sulle cui sponde, a Phnom Penh, siamo arrivati senza troppi patemi e in tempo per visitare il Palazzo reale, la Pagoda d’argento, il raccapricciante Museo del genocidio che testimonia torture e follie del regime di Pol Pot. I khmer rossi risparmiarono alcune delle bellezze del paese per dimostrare quanto fossero attenti alle ricchezze culturali della Cambogia. Non era affatto così, ma per fortuna qualcosa di immortale è rimasto. Intorno ad Angkor sono sorti più di cento alberghi cinque stelle, l’aeroporto internazionale sforna turisti a valanghe. Tutti entusiasti, alla fine, per avere visitato il più grande, stupefacente, indimenticabile edificio sacro del mondo.