Una giornata quequera, come diceva ‘o Barone. Nuvole basse, temporale in videorama nel pomeriggio, noi a ciondolare tra hotel, garage e centro commerciale nell’inutile attesa dei meccanici. Prima introvabili, poi un appuntamento mancato, poi promessa di intervenire sulla nostra Gwendolina, “basta che lasciate le chiavi a bordo”. Ma stiamo per andare a letto e la macchina sta sempre come stamattina. Per la verità abbiamo cominciato a riempirla, convinti che riusciremo anche a mettere le valigie nel portabagagli ed evitarne così il trasporto con il van dell’organizzazione. Che stamattina ha tenuto il solito briefing, distribuendo magliette, sacca, cappelletti e navigatore satellitare. Road book pronti nel pomeriggio, con adesivi e badge. Solito cocktail tardo-pomeridiano che abbiamo imparato a trasformare in cena e dignitosa bevuta serale (stasera, preferenza al Chianti). Insomma è fatta, domani si parte. Andremo tutti sotto la grande torre delle comunicazioni, uno dei simboli di questa città ultramoderna, con i grattacieli uno addosso all’altro e la perenne rincorsa ai cristalli, ai marmi, agli acciai, alle luci. E agli inevitabili contrasti con una popolazione multietnica, ragazze in minigonna accanto ad altre col burka nero, quartieri ancestrali dove si rinnovano le tradizioni e i modi di vivere dell’India e della Cina. Con la benzina che costa mezzo dollaro al litro…