Per quanto era stata infame e bastarda ieri, tanto è stata scorrevole e amica oggi. La Via della Seta del 2000 è una superstrada che corre nel deserto del Gobi diritta come un filo a piombo. La prima semicurva l’abbiamo trovata dopo 88 chilometri. Solo in un punto, per la gioia dei fotografi e dei cineoperatori, c’è stata una deviazione nel fango e nell’inferno di polvere. Trecento metri da fare d’un fiato per non restare impantanati, compreso l’ultimo tratto, quasi un salto in salita, per tornare sul terrapieno della carreggiata. Nessuna “speciale”, quella di ieri non ha cambiato le cose: quasi tutti hanno preso, come noi, un minuto. La Porsche, seconda assoluta, ne ha presi tre e ieri è stata trainata per duecento chilometri (sub judice le eventuali penalità: se affibbiate, Vagabunda salirebbe al terzo posto assoluto. Sì, ci stiamo proprio montando la testa). Ma tutto è rimandato a domani: due prove davvero toste, una a 101 di media, non so cos’altro potranno inventarsi. Nel pomeriggio abbiamo risaldato una giuntura dello chassis che gracchiava, tolto le Pirelli M/S (sacrosanta la scelta di ieri, ma già oggi non andavano più bene, sull’asfalto sono troppo dure), pulito il filtro dell’aria. Stelios ha sostituito una candela, la calotta e un cavo dello spinterogeno. Vagabunda va molto meglio, è pronta per il cimento di domani. D’accordo, Broderick con la sua Pagoda ci supererà, tutti gli altri della nostra categoria (Mercedes, Austin Healey 3000 e Ford Mustang 5000) rosicchieranno preziosi minuti alla povera Flavia. Ma intanto devono farlo. Venderemo cara la pelle. Intanto ci godiamo un bellissimo albergo, stile “Parador” spagnolo, una vecchia fortezza rimessa a posto da architetti coi baffi, legno e pietre, aria condizionata e birra ghiacciata. Ci volevano proprio. Sarà un caso, ma Rita è anche riuscita di nuovo a collegarsi a Internet con il nostro cellulare e ad aprire la casella della posta. Sotto con la corrispondenza!