La nostra famiglia non ha più la tenda Quechua. L'abbiamo lasciata nell'accampamento mentre veniva smantellato, portando allo scoperto una vegetazione sterposa e tiranna. É stato un atto solenne di liberazione, condiviso da molti concorrenti. Soprattutto quando abbiamo scoperto che quelle bellissime tende gialle a punta che costeggiavano le nostre postazioni vengono affittate per pochi dollari complete di tutto e già montate senza il fastidio di doversele portar dietro con sacchi a pelo e cuscini. Dopo la locanda di ieri notte, stasera resort con laghetto balneabile incorporato, parco verdeggiante, giovani cameriere in divisa e volendo pure il karaoke. Degno completamento di una giornata tutto sommato tranquilla. Però: abbiamo fatto 585 chilometri e cinque prove speciali sullo sterrato, come si fa a giudicarla "tranquilla"? Il fatto é che, dopo le flagellazioni subite in Mongolia, qualsiasi impegno appare modesto. Domani per esempio ci attendono 680 chilometri e la dose quotidiana di sterrati da fare nel minor tempo possibile. Ma c'é ormai in ognuno la convinzione che nulla potrà essere così arduo se confrontato ai massacri mongoli patiti da uomini e mezzi. Pure stasera niente classifiche, ma nessuno si dispera. Abbiamo visto paesaggi bellissimi, questa regione degli Altai sembra la copia (magari modesta, ma sempre copia) della Svizzera montana. Noi siamo stati attaccati da un'aquila e da miliardi di zanzare assetate di buon sangue europeo. Un'aquila, ma che dici? É vero, un'aquila: ci ha puntato e si é buttata frontalmente in picchiata contro il muso della Giulia. Io ho frenato all'ultimo istante, il rapace é schizzato di colpo verso l'alto con - mi si perdoni il termine sportivo - uno scatto di reni alla Buffon. Forse l'ho solo sfiorata, forse l'ho colpita leggermente ad un'ala. Ben gli sta. Avviso alle altre aquile (reali, kazache o siberiane) che incontreremo lungo il tragitto: non mettetevi mai contro una Giulia in corsa. Ci rimettereste le penne!