Vagabunda sta incatenata al pavimento, la tirano come in un supplizio medievale. Il motore gira bene, è partito al primo colpo, non ha danni e questo ci consola. Ma la carrozzeria ha bisogno di abbondanti restauri, si dovrà saldare l’asse, sostituire una balestra. Noi abbastanza bene, Rita aveva un dolorino all’altezza del petto, probabilmente il contraccolpo delle cinture di sicurezza. In ospedale le hanno fatto i raggi al torace per tranquillità, tutto a posto. L’asse si è spezzato a meno di un palmo dalla ruota posteriore destra e questo dovrebbe spiegare l’imbarcata dell’auto. Che sicuramente cominciava a essere stanca, sfruttata, con i metalli in torsione da 50 giorni. Altre due auto ieri sono finite fuori strada e alla Land Rover dell’organizzazione, quella che fungeva da scopa-officina, è esploso il motore. Non si può disputare un rally così lungo, con prove speciali tiratissime sulle buche e sullo sterrato ogni tappa, senza che le vetture non soffrano qualche rottura. Credo che tutti i giorni, da ora in poi, ci saranno guai. Il programma continua a prevedere speciali, su strade secondarie non asfaltate, a medie impensabili. Sarà una gara a eliminazione, vincerà chi avrà avuto la fortuna di rompere vicino a un’officina e o al traguardo. Pazienza per Vagabunda: finchè ce l’ha fatta, ha dato filo da torcere a tutti. Era la più piccola della sua classe eppure le stavano tutti dietro in classifica, per quasi due mesi ha dettato legge. Adesso, quelli che erano i suoi inseguitori nella categoria classic sport sono al terzo, quinto e sesto posto assoluto: insomma, gente assatanata con macchine muscolose. In testa, c’è sempre la replica della Hillman che vinse la Londra-Sidney del ’68. Poi, la Renault di Morault, un pilota che ha fatto anche la Parigi-Dakar. Terzo il terribile Broderick, con la Pagoda 250. A questo punto, avremo più tempo per vederci l’America, filmare e fotografare. E scrivere queste note la sera, pensando agli amici. Ciao.