Il canale Gwendolina

Phuket - Tusita
09/03/2008

Da Phuket siamo risaliti verso nord. Sulla costa occidentale siamo andati a visitare una scuola che venne devastata dallo tsunami e che adesso è gestita da una giovanissima insegnante volontaria che ha lasciato tutta la sua carriera a Bangkok ed è venuta ad assistere i bimbi rimasti orfani. Poi, traversata semimontuosa, jungla intorno, poco traffico domenicale. Approdo sulla costa orientale, resort piccolo e carino, pomeriggio in piscina. E rendiconto di quello che non siamo ancora riusciti a vedere. Tante farfalle ma nessun pitone reticolato (è lungo dieci metri) né cobra gigante (sei metri). Ci è mancato nelle mangrovie il Varanus salvator, un lucertolone che supera i due metri e che, da vero buongustaio, si nutre di carogne. Non siamo neppure riusciti ad avvertire l’odore nauseabondo della Rafflesia kerrii, il fiore più grande che c’è, 80 centimetri di diametro. Guardando la cartina della Thailandia però il vostro “rallista per caso” aveva avuto un’idea geniale: perché non costruire un canale nel punto più stretto della penisola, 44 chilometri, evitando alle navi alcune migliaia di chilometri? Poi ha scoperto che ci avevano già pensato i re thailandesi nel 1677 e nel 1793. E che Ferdinand de Lesseps (quello di Suez) venne a studiare la zona nel 1882. I cinesi sarebbero pronti a finanziare l’impresa con 25 miliardi di dollari. Insomma, un’idea poco originale. L’istmo di Kra non diventerà mai il “canale Gwendolina”.

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