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Si comincia sempre dal titolo e, dovendo raccontare la nostra Pechino-Parigi del Centenario, non potevamo ignorare il monumento letterario di Luigi Barzini, "Metà del mondo vista da un'automobile". Credo che rimanga l'unico libro in lingua italiana che sia stato stampato e messo contemporaneamente in circolazione già tradotto in altre undici lingue. Quindi l'assonanza del nostro titolo ("Due mondi visti da un'Alfa") non voleva essere un peccato di presunzione, ma solo una citazione e un doveroso tributo al grande giornalista di Orvieto. Grande anche nelle centinaia di fotografie da lui scattate e che accompagnavano il testo, immagini che davano il senso di salto nel nulla, di avventura ai limiti dell'impossibile che fu quella gara del 1907.
Ma perché "due mondi"? Beh, tutta la parte mongola del nostro rally é stata come viaggiare su Marte, muoversi in una dimensione sconosciuta, affascinante certo; ma sempre totalmente estranea alla nostra vita, al modo di pensare o relazionarci. Un altro mondo, esattamente.
Il libro venne presentato la prima volta nella Sala stampa dell’autodromo di Monza. C’era Marco Cajani, patron della Scuderia del Portello che aveva preparato la nostra macchina, e Arturo Merzario, molto interessato alla nostra avventura. Successivamente ci fu la presentazione in pompa magna nella maestosa sala Zuccari del Senato, con i nostri invitati e i nostri amici. Il presidente della commissione Giustizia Filippo Berselli (appassionato di auto storiche pure lui, pilota seriale di una Fiat 500 B blu ministeriale) disse che, letto il libro, aveva giurato a se stesso che prima o poi nella vita una Pechino-Parigi l'avrebbe fatta anche lui. Oliviero Beha mi prese subito in castagna, sottolineando come nei miei saluti iniziali e nel corso di tutta la prolusione avevo avuto la faccia tosta di non citare la co-autrice del libro, mia moglie Maria Rita. La quale, reduce dalla fresca frattura di tre malleoli, era voluta intervenire comunque, anche con le stampelle...Le 500 e passa fotografie che sono a corredo del volume (ma sarebbe più giusto dire il contrario: il testo a corredo delle fotografie) spiegano bene quale sia stata la sua parte durante l'avventura: oltre a sobbarcarsi almeno la metà di impegno e fatica, aveva dovuto pure fotografare!
Naturalmente, il libro a noi piace molto. Certo, si poteva fare meglio, certe immagini andavano tagliate diversamente, alcune valorizzate di più, altre inutili o ripetitive. Ma c'era il problema dei tempi di consegna, l’apprendimento di Photoshop ancora in evoluzione, la difficoltà di far corrispondere ogni volta le foto allo scorrere del racconto. E il testo? Ah no, quello era perfetto…