Fango, pietracce e baratri

19/06/2016

Più di tre ore in coda per mettere la benzina, portata qui al campo con un'autobotte. Cena alla dieci, quindi undici ore dopo la partenza e 400 chilometri senza un centimetro di asfalto. Una tappa che definire massacrante é riduttivo. Oltre tutto un mezzo dell'assistenza si é impantanato nel fango, un altro pure per aiutarlo a districarsi, quello dei dottori é rimasto di scorta per qualsiasi evenienza. Tantissime difficoltà: oltre a quelle di sempre (buche a non finire, pietracce e fango) si sono aggiunti i ponticelli pericolanti, i guadi, l'altitudine (un valico era a 2.276 metri, non diamo mai scesi dotto i 1.200 metri), cambiamenti nel percorso, nelle tracce col Gps, nelle speciali (ridotte da tre a una, peraltro insignificante). Però che meraviglia di cielo, di colline, di pascoli. Che natura vivida e invitante, con le tende bianche dei nomadi, gli Ovoo di pietra con le stoffe che si agitano al vento per trasmettere alla divinità i desideri dei mongoli. Noi abbiamo provato a chiedere che lo strazio delle piste finisse al più presto. Ma evidentemente dobbiamo aver compiuto qualche sgarbo al santo degli Ovoo perché ci siamo dovuti massacrare, poco dopo, con un "ondulé" così profondo che gemevano pure le mani. Ma chi le riduce così queste idee di strade, i carrarmati?

Poco fa, quindi a notte fonda (sono le 23,35) é arrivato qui al campo anche l'ultimo fuoristrada dell'assistenza: un concorrente si é azzardato a chiedergli se poteva risolvergli un problema al motore. "Scusa, ma é stata una giornata davvero dura per noi", ha risposto il meccanico. É vero, anche lui aveva fatto il nostro stesso tragitto. Ma con la differenza che, per farlo, noi abbiamo pagato...